mercoledì 9 gennaio 2008

Colonie, Israele censura rapporto: «A rischio il rapporto con gli Usa»


Il ministro della difesa Barak blocca la pubblicazione di un documento che fotografa il furto delle terre palestinesi ad opera degli insediamenti ebraici. I pacifisti di Peace Now: il governo vuole solo mascherare la colonizzazione.

Gli elicotteri delle forze speciali Usa, incaricate di predisporre le misure di sicurezza per la visita di George W. Bush, che comincia domani, volteggiavano ieri su Israele e i Territori occupati. L'Anp di Abu Mazen da parte sua si prepara ad impiegare almeno 4.000 uomini per vigilare sull'incolumità del presidente americano.
Un dispiegamento di forze eccezionale per un evento che si annuncia molto mediatico e poco politico, visto che Bush in Medio Oriente arriverà sulle fragili ali di promesse vaghe che non scioglieranno i nodi del conflitto israelo-palestinese. La sua richiesta di rimozione degli oltre cento avamposti colonici israeliani sparsi per la Cisgiordania occupata è solo fantapolitica visto che il premier israeliano Olmert se da un lato si dice pronto a rimuoverli dall'altro non ha alcuna intenzione di affrontare una spaccatura nel suo governo. L'atteggiamento delle autorità israeliane su tutta la questione delle colonie ebraiche rimane profondamente ambiguo, come dimostra il fatto che si rifiutano di rendere pubblico un rapporto ufficiale sugli insediamenti redatto nel 2006 da un consigliere speciale del ministero della difesa, il generale Baruch Spiegel. A rivelarlo è stato «Peace Now», che controlla l'espansione delle colonie in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il ministero della difesa la settimana scorsa ha chiesto al tribunale di Tel Aviv d'impedire la pubblicazione del rapporto che, sostiene, potrebbe attentare alla «sicurezza dello Stato». Secondo il quotidiano Haaretz, il generale Spiegel avrebbe riferito dell'edificazione massiccia di costruzioni senza permesso in Cisgiordania, che si tratti di insediamenti illegali o autorizzati dalle autorità (ma pur sempre illegali per la legge internazionale). Il ministro della difesa Barak si oppone alla pubblicazione del rapporto sostenendo che nuocerebbe alle relazioni con gli Stati Uniti che, almeno a parole, chiedono un congelamento della costruzione di colonie ebraiche nelle terre palestinesi occupate. «La sicurezza e la protezione delle relazioni esterne servono da pretesto allo Stato per tentare di mascherare dei fatti che sono visibili alla luce del sole», ha protestato il segretario generale di Peace Now, Yariv Oppenheimmer. Israele si è impegnato con gli Stati Uniti a smantellare almeno gli avamposti colonici, ma la promessa non è mai stata mantenuta. Nel 2004, un primo rapporto ufficiale redatto dalla giurista Talai Sasson aveva rivelato che il ministero della difesa fornisce appoggio diretto agli avamposti, nonostante siano illegali anche per la legge israeliana. Negli ultimi tempi, grazie all'atteggiamento compiacente di Barak, la colonizzazione si è intensificata e Israele si prepara a costruire altre centinaia di appartamenti sulla collina palestinese di Abu Ghanem, per espandere la colonia di Har Homa, tra Gerusalemme e Betlemme. Di colonizzazione si parlerà oggi nel nuovo vertice fra Olmert e Abu Mazen che dovrebbero approvare il formato per le trattative sullo status finale, che sarà loro proposto dai responsabili dei rispettivi team negoziali, il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni e l'ex premier palestinese Abu Ala. Quest'ultimo, nonostante il suo status di negoziatore, non gode di alcun rispetto da parte dell'esercito israeliano. Ieri i militari lo hanno trattenuto per un'ora e mezza al ponte di Allenby, mentre stava tornando dalla Giordania, per recarsi proprio ad un incontro con la controparte israeliana. I soldati lo hanno fermato perché si era rifiutato di farsi perquisire. Mentre Olmert e Abu Mazen penseranno a quale abito indossare per l'incontro con Bush, a Gaza la popolazione dovrà indossare il cappotto anche in casa perché la decisione di Israele di ridurre ancora le forniture di carburante alla Striscia - in apparente risposta al lancio di Qassam verso il suo territorio - ha provocato una ulteriore diminuzione della produzione di energia elettrica che colpisce i civili e non certo coloro che sparano razzi artigianali. Ieri due palestinesi sono stati uccisi al confine tra Gaza e Israele dal fuoco dei soldati. Altri quattro erano morti domenica in un raid israeliano nel campo di Burej.

di Michele Giorgio tratto da Il Manifesto

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